Lectio Divina della Domenica della Santissima Trinità – A
Prima d’iniziare mi metto alla presenza del Signore, chiedendo il dono del suo Spirito Santo perché possa pregare la Parola guidato/a da Lui, docile come Maria, attenta e disponibile a lasciarmi trasformare come il Signore voglia …
Lectio:
Leggo il Vangelo di questa domenica, lo rileggo e scruto ogni parola, verbo, mi soffermo nei personaggi che compaiono. In questa lettura spirituale della Parola, nella quale uso il mio intelletto, non mi affretto, lascio che il mio essere interiorizzi la Parola…
In questa domenica, in cui la Chiesa celebra il mistero insondabile della Santissima Trinità, il nostro unico Dio in tre Persone, la liturgia ci offre un brano tratto dal Vangelo secondo Giovanni 3,16-18; sono delle parole dette da Gesù a Nicodemo (un fariseo che fu di notte ad incontrarsi con il Signore, per conoscere la sua dottrina) in un lungo discorso rivelatore. Tenendo presente queste indicazioni, inizio la lettura di questi tre versetti, e subito mi rendo conto che nella brevità della lettura ci sono delle parole e delle frasi che si ripetono: Figlio unigenito, mondo, salvezza, condanna, credere. Esse spiccano in questo brano, e le frasi sono elaborate con queste parole. Quindi a Giovanni interessa molto che rimanga chiaro il messaggio che vuole dare qui e scrive questi versetti in forma concentrica.
Iniziamo con la prima frase: “Dio ha tanto amato il mondo”: chi è il Dio di cui si parla qui? È il Dio dei Padri, Yahveh, il Dio unico che aveva scelto questo popolo a cui Nicodemo e Gesù appartenevano. Il Dio della storia della salvezza che si era rivelato in diverse forme e aveva parlato in diverse maniere. Questo Dio tenero, del quale ora Gesù dichiara che “ha amato tanto il mondo”. Il verbo che usa Gesù è agapao, cioè un amore totale, altruista, l’amore che si dona tutto, senza aspettare niente dagli altri. Questo è l’amore che ha Dio per il mondo! Per mondo Giovanni utilizza la voce kosmos, che indica non solo l’umanità, ma tutta la realtà creata, il cosmo dunque. Ebbene, Dio ha amato cioè amava e ha continuato ad amare questa sua creazione che si era allontanata da Lui dopo il peccato originale, e dimenticandosi casi di Se stesso, “ha mandato il suo Figlio unigenito”. Dunque Dio non è solo! Ha il Figlio suo, l’unigenito. Unigenito, è pure un termine greco che sta ad indicare una realtà di generazione unica, cioè unico figlio, ma in forma assoluta: questo Figlio è l’unico generato dal Padre. Unigenito compare anche all’inizio del Vangelo, nel cosiddetto prologo, dichiarando che il Verbo che era al principio presso Dio era pure Dio, e questo Figlio unigenito è l’unico che ha visto il Padre! (cfr. Gv 1,18)
Pertanto, proprio questo Figlio unico, amato, viene inviato, cioè si è incarnato (Gv 1,14) “perché chiunque creda in lui non vada perduto”. Qui la situazione cambia: Dio ama il mondo, ma nel mondo è necessario che si creda nel Figlio unigenito, perché non vada perduto. Cosa vuol dire questo? La voce chiunque sta ad indicare tutti coloro che si aprono alla fede nel Figlio di Dio, il Verbo Incarnato, perché nel prologo (1,11-12) si diceva che lui era venuto nel mondo ai suoi, ma i suoi non l’hanno accolto, “a coloro però che l’hanno accolto ha dato il potere di diventare figli di Dio”. Qui Giovanni vuole dire che non basta che Dio mandi il suo Figlio nel mondo, questi deve essere accolto come tale, cioè deve essere creduto e adorato come Figlio di Dio perché la salvezza arrivi alla persona. Questa salvezza è espressa in forma negativa, cioè “che non vada perduto”, certamente il pensiero dell’evangelista va, al fatto che la vita è salvezza. Chi non ha la vita, si perde, la perdizione è stare lontano da Dio, dall’amore di Dio e questo non dipende da Dio ma dalla libertà dell’uomo che sceglie di credere o meno. Qui la fede è, nel senso giovanneo, un aderire completamente, con tutto se stesso, alla persona di Cristo; infatti è per questo motivo che Giovanni scrive il suo Vangelo (20,31: “questi sono stati scritti perché crediate che Gesù è il Figlio di Dio, e perché credendo, abbiate la vita nel suo nome”).
“Chi non crede è già stato condannato”, dice Gesù, la condanna è non potere partecipare alla vita di figli di Dio, quella che ci viene condivisa attraverso il Figlio e lo Spirito Santo che ci fa diventare figli adottivi, come dirà Paolo nelle lettere ai Galati (4,5-6) e ai Romani. (8,15-17).
Meditatio:
È il momento di capire il senso del testo, nella meditazione colgo il messaggio, mi detengo a ripetere poi, ciò che mi ha colpito maggiormente… Poi l’attualizzo con la mia vita, mi lascio confrontare con la Parola
Dopo la lunga lectio, un po’ impegnativa, di questa giornata, nella meditazione ci deteniamo soltanto all’essenziale, per poter passare alla contemplazione del Mistero del Dio Uno e Trino, che opera sempre perché ci ama tanto e vuole che abbiamo la vita in Lui.
Diceva un saggio professore – oggi membro della Commissione Teologica Internazionale – che il senso dell’uomo è diventare figlio di Dio. È proprio così! Il vero senso dell’esistenza umana è riconoscersi e diventare sempre più figlio nel Figlio, per mezzo dello Spirito Santo, che grida in noi Abbà – Padre. La meditazione del vangelo proposto per questa domenica ci porta proprio a questa conclusione: chi crede nel Figlio unigenito diventa anche lui figlio grazie allo Spirito Santo, perché il Padre ha tanto amato il mondo che non ha risparmiato neanche suo Figlio unigenito, ma l’ha dato non per la condanna ma perché abbiamo la vita eterna attraverso la fede in Lui.
Oratio:
La Parola meditata si fa preghiera… e canto:
Cantiamo Te , Signore della vita:
il nome Tuo è grande sulla terra
tutto parla di Te e canta la Tua Gloria
grande Tu sei e compi meraviglie
Tu sei Dio
Cantiamo Te, Signore Gesù Cristo
Figlio di Dio venuto sulla terra,
fatto uomo per noi nel grembo di Maria.
Dolce Gesù risorto dalla morte
sei con noi
Cantiamo Te, amore senza fine:
Tu che sei Dio lo Spirito del Padre
vivi dentro di noi e guida i nostri passi
Accendi in noi il fuoco dell’eterna carità
(da Liturgia e Sacra)
Contemplatio
Entro nel cuore di Dio, il mio centro solo deve essere Lui, il suo Figlio, lo Spirito Santo, solo Dio… quella Parola che mi aveva colpito la faccio mia, mi dovrebbe aiutare, come anche il silenzio, ad aprire il mio cuore a Dio. La contemplazione, non è un andare in estasi o vedere Dio con gli occhi del corpo, è sentire profondamente la sua presenza che invade il mio essere, è silenzio, è pace…
Alla fine della preghiera, ringrazio sempre il Signore per i doni che mi ha concesso e mi offro a Lui perché si compia in me la sua Volontà.
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