Angolo della Spiritualità

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Terza Domenica di Pasqua – A –

aprile 30th, 2017 Posted in Lectio Divina della Domenica

Prima d’iniziare mi metto alla presenza del Signore, chiedendo il dono del suo Spirito Santo perché possa pregare la Parola guidato/a da Lui, docile come Maria, attenta e disponibile a lasciarmi trasformare come il Signore voglia

Lectio:

Leggo il Vangelo di questa domenica, lo rileggo e scruto ogni parola, verbo, mi soffermo nei personaggi che compaiono. In questa lettura spirituale della Parola, nella quale uso il mio intelletto, non mi affretto, lascio che il mio essere interiorizzi la Parola…

emmausOggi la Liturgia mi propone di leggere e meditare il Vangelo di Lc 24,13-35, il così chiamato “dei discepoli di Emmaus”. Un episodio molto conosciuto e apprezzato, nel quale la tradizione ha sempre letto il modello dell’attuale celebrazione Eucaristica.

Nella nostra prima lettura del testo, lasciamo che la sorpresa prenda il posto a ciò che ormai sappiamo, leggiamo il brano come se fosse la prima volta, e Luca ci aiuta in questo perché è come un buon regista che ci fa immaginare e sentire ogni parola che viene raccontata.

I nostri personaggi sono Gesù (nome storico di Cristo Risorto) e due discepoli, di cui uno si chiama Clèopa. Accanto alla croce di Cristo, tra le donne che gli stavano vicino, c’era una donna di nome Maria, moglie di Clèopa, è possibile che sia lo stesso personaggio, ma risulta difficile identificare l’altro discepolo con Maria sua moglie, giacché Luca non avrebbe avuto problemi di nominarla qui, come ha fatto poco prima. Anche perché sia certa una testimonianza doveva essere fatta da due uomini, infatti quando loro ricordano le donne lasciano chiaro che non hanno creduto alla loro testimonianza, o per lo meno non gli è bastata.

Notiamo pure che ci sono molti dialoghi: si dice che i discepoli parlano e discutono lungo il cammino, Gesù parla con loro e sia gli uni che l’altro fanno due discorsi carichi dell’annuncio sulla vicenda del Messia. I discepoli presentano la persona di Gesù come un liberatore ideale, che comunque hanno ucciso, nonostante il bene che ha fatto. Il Signore, invece, va spiegando ogni Scrittura che preannunciava il Messia, ma dando ad esse il vero senso della liberazione di Israele, quella interiore che libera dal peccato.

Seguendo la nostra lettura attenta del testo, chiama l’attenzione con quanta cura Luca descrive i diversi stati d’animo dei discepoli: all’inizio hanno il volto triste, poi loro stessi dicono di essere rimasti sconvolti di fronte alla testimonianza delle donne, poi riconoscono che ardeva il loro cuore mentre Gesù parlava loro e li spiegava la Scrittura ed infine, partono pieni di gioia ad annunciare l’incontro che hanno avuto con il Risorto. La tristezza, lo sconvolgimento sono relazionati all’angoscia, ad uno stato oscuro dell’anima che non riesce ad aprirsi, a cogliere la luce. E proprio questi sentimenti vengono descritti mentre è giorno, per questo Luca dichiara che “i loro occhi erano incapaci di riconoscere” Gesù. È evidente il contrasto con gli altri due sentimenti ed emozioni: la gioia e l’ardore del cuore che pure sono relazionati tra loro e con l’amore. È l’amore che genera gioia e riscalda il cuore! È l’amore che apre gli occhi ed infatti ora possono riconoscere il Signore nel gesto eucaristico, perché sono aperti alla novità, a che la luce entri nel loro essere, Luca dice che “si aprirono i loro occhi” ed era già sera, di nuovo il contrasto!

Per ultimo, prestiamo attenzione al fatto che loro s’incamminano verso Gerusalemme quando ormai è di notte, poiché hanno la luce nel cuore possono camminare nella notte, perché essa non rappresenta più un pericolo per loro. E gli Undici con gli altri che stanno con essi provano lo stesso stato d’animo dei nostri discepoli: perché anche loro hanno avuto l’incontro con il Signore, e fanno la loro professione di fede a livello ecclesiale a partire dalla testimonianza di Pietro.

Meditatio:

È il momento di capire il senso del testo, nella meditazione colgo il messaggio, mi detengo a ripetere poi, ciò che mi ha colpito maggiormente… Poi l’attualizzo con la mia vita, mi lascio confrontare con la Parola

In questo brano che abbiamo letto e riletto, e nel quale abbiamo colto tanti spunti, cerco il senso generale e particolare del messaggio, e questo lo faccio individuando l’intenzione dell’evangelista nel narrare i fatti in questa maniera particolare. Certamente devo aver presente che il Vangelo di Luca è stato scritto verso gli anni 90 d.C., dunque Luca sta facendo una rilettura dei fatti e vuole dare un messaggio alla comunità che già cammina nella fede, ma che non è stata testimone diretta della risurrezione, sono quelli della cosiddetta “seconda generazione”.

Allora Luca cerca di farli entrare nei sentimenti dei discepoli dopo la morte di Gesù, sono passati tre giorni, e a Lui non l’hanno visto! È lo sconvolgimento totale, avevano messo tutta la loro speranza, le attese, la fiducia in quest’uomo di Galilea che faceva grandi prodigi, ma ora tutto è divenuto nulla. Ed è in questa loro realtà che il Signore si fa compagno di cammino. Lui va loro incontro là nello stato in cui si trovano, li lascia esprimersi, sfogarsi, magari vuole che prendano coscienza di ciò che stanno dicendo, ma niente, loro sono chiusi nel loro dolore e delusione, non riescono a riconoscere il Signore, né il disegno di salvezza che Egli stesso aveva preannunciato. Gesù prende lo spunto da questo stato di prostrazione e abbandono (se ne stanno tornando a casa) dei discepoli e piano piano inizia a farli risalire a partire della proclamazione delle Scritture, su tutto ciò che riguardava la persona del Messia, cioè fa capire loro che anche la morte di Gesù entrava nel piano di Dio per il perdono dei peccati e che attraverso la sua passione tutti si sarebbero salvati. Mentre parla il Signore, i loro cuori ardono, sentono che qualcosa si sta mobilitando dentro e non riescono a cogliere cosa sia, è che loro conoscevano bene le Scritture, le leggevano ogni sabato nella sinagoga ed erano al corrente di tutte le profezie che riguardavano il Messia, ma non le avevano letto con la grazia dello Spirito, Gesù è il Signore Dio che cambia questo modo di leggere le Scritture, perciò arde il loro cuore, perché chi le spiega è il Signore della vita, è colui che può dare la luce necessaria per capire il vero senso della vicenda sul Messia liberatore.

Il Signore, che si è fatto compagno di cammino, vuole rispettare fino alla fine la libertà dei suoi, perciò fa il gesto di voler proseguire, vuole che siano i discepoli stessi ad invitarli. Durante il ministero pubblico è stato lui che ha chiamato i discepoli, ora vuole che siano loro a sceglierLo, che prendano la propria responsabilità nell’accogliere il Cristo a casa sua.

Poi la scena cambia totalmente, l’ospite è chi fa tutto, tutto si concentra nel Signore che è a tavola e fa la benedizione e il ringraziamento tipico di ogni pasto giudaico. Ma nel descrivere questo, Luca quasi ripete la scena dell’ultima cena, non solo ai discepoli di Emmaus, ma anche a noi fa accorgerci che questo compagno di cammino è proprio il Cristo Risorto! Al momento che loro lo riconoscono nello spezzare il pane, il Signore sparisce alla loro vista, ma ormai non hanno bisogno di altro, il loro cuore arde, loro sono nella gioia, è tornato a loro il senso di tutto, della loro vita, della loro sequela, delle loro attese e tutto questo è trasformato dalla luce della presenza del Risorto tra loro.

Qualche volta posso essere come uno di questi discepoli. Avere delle attese che non coincidono con le vere attese, con la volontà di Dio, e per questo ogni avvenimento mi fa stare triste, nel buio, mi sconvolge … è solo aprendomi alla novità del Vangelo, a rileggere i segni dei tempi come diceva San Giovanni Paolo II, che posso accogliere la luce della fede e con essa aprirmi alla novità di Dio, alla sua volontà che si manifesta nei gesti quotidiani come lo spezzare del pane, o l’incontro con uno sconosciuto sulla nostra vita. Il Signore dia a noi la grazia di mantenerci con gli occhi del cuore aperti e pronti a cogliere la testimonianza della Chiesa, che in Pietro si fa eco della Risurrezione del Signore.

Oratio:

La meditazione di questa Parola che il Signore mi ha donato si fa preghiera…

Resta con noi, Signore,

perché da soli non possiamo vedere la vita e il suo senso come tu vuoi che la vediamo.

Resta con noi, Signore,

perché abbiamo bisogno di te, delle tue parole, dei tuoi gesti.

Fa che non ci lasciamo prendere dal buio della miscredenza e della mancanza di speranza

affinché gustiamo nel nostro cuore la tua presenza che è viva e operante nella nostra vita, anche quando non sappiamo che cammini con noi.

Contemplatio

Entro nel cuore di Dio, il mio centro solo deve essere Lui, il suo Figlio, lo Spirito Santo, solo Dio… quella Parola che mi aveva colpito la faccio mia, mi dovrebbe aiutare, come anche il silenzio, ad aprire il mio cuore a Dio. La contemplazione, non è un andare in estasi o vedere Dio con gli occhi del corpo, è sentire profondamente la sua presenza che invade il mio essere, è silenzio, è pace…

Alla fine della preghiera, ringrazio sempre il Signore per i doni che mi ha concesso e mi offro a Lui perché si compia in me la sua Volontà.

Seconda Domenica di Pasqua – della Divina Misericordia

aprile 23rd, 2017 Posted in Lectio Divina della Domenica

Prima d’iniziare mi metto alla presenza del Signore, chiedendo il dono del suo Spirito Santo perché possa pregare la Parola guidato/a da Lui, docile come Maria, attenta e disponibile a lasciarmi trasformare come il Signore voglia …

Lectio:

Leggo il Vangelo di questa domenica, lo rileggo e scruto ogni parola, verbo, mi soffermo nei personaggi che compaiono. In questa lettura spirituale della Parola, nella quale uso il mio intelletto, non mi affretto, lascio che il mio essere interiorizzi la Parola…

tomassoOggi, sono chiamato/a a fare la lettura di Gv 20,19-31, un passaggio lungo che mi permette di suddividerlo in due parti principali e con una conclusione, dunque una pericope ben “costruita”. Come mi rendo conto di questi dettagli? Dopo aver letto la prima volta il testo, rileggendolo colgo alcune differenze, per esempio di tempo: all’inizio si parla della sera dello stesso giorno (quello della risurrezione) e poi si parla di otto giorni dopo. Trascorre una settimana tra un’apparizione e l’altra del Signore, dunque ancora non è tornato al Padre, è rimasto trasformato, non lo riconoscono al vederlo. Tra i personaggi compaiono il Signore e i discepoli, senza la presenza di Tommaso la prima volta, poi, nella seconda venuta del Signore Tommaso c’è.

Ma ci sono anche degli elementi comuni a tutte e due le parti: sono riuniti “nella” casa, questo m’indica che non era un posto qualsiasi ma quello utilizzato abitualmente da loro, quello che la tradizione ha sempre riconosciuto come il cenacolo a Gerusalemme. Nella mia lettura spirituale, continuo a vedere delle frasi o parole che si ripetono: porte chiuse, pace a voi, in mezzo a loro, le mani e il fianco, i segni … questi particolari mi stanno invitando a porgere un’attenzione particolare, perché si ripetono?

Un altro accorgimento è l’argomento che si tratta in ogni parte: nella prima c’è un mandato specifico dopo il dono dello Spirito; nella seconda invece, c’è l’invito a costatare e credere, con il conseguente richiamo alla poca fede e la beatitudine di chi crede senza vedere.

Ci sono anche dei dialoghi: il Signore parla con i discepoli, questi con Tommaso, e di nuovo il Signore parla con Tommaso. La forza delle parole del Signore risorto si coglie dal silenzio e il comportamento dei discepoli: al suo invito di vedere i segni della risurrezione loro gioiscono, al dono dello spirito e il mandato di perdonare loro fanno silenzio: perché l’evangelista lascia questo silenzio aperto? Vuole indicare la serietà del mandato e la piccolezza dei discepoli, vuole anche indicare che questo mandato richiede la risposta libera di loro. C’è da domandarsi pure, se il mandato che il Signore dà, a somiglianza del Padre, è solo quello di perdonare i peccati o è un mandato più largo, di andare ad annunciare, perché loro immediatamente fanno l’annuncio dell’incontro con il Signore a Tommaso, e Gesù ha fatto questo durante la sua vita terrena, insieme al perdono dei peccati.

Lo stato d’animo viene anche descritto con chiarezza: i discepoli hanno timore prima e poi gioiscono quando vedono i segni della passione del Signore.

La conclusione poi, ci offre altri spunti: si parla di nuovo di segni, di fede, ma anche si dà dei titoli al Signore Gesù e la finalità per cui sono stati comunicati i segni.

Meditatio:

È il momento di capire il senso del testo, nella meditazione colgo il messaggio, mi detengo a ripetere poi, ciò che mi ha colpito maggiormente… Poi l’attualizzo con la mia vita, mi lascio confrontare con la Parola

La lectio divina di questa domenica è molto ampia, ho trovato davvero tanti spunti che mi possono aiutare, ma io poi mi soffermerò solo su quelli dove il mio spirito sente la mozione di restare lì, l’altro lo lascio oggi.

L’amore misericordioso del Signore risorto si manifesta in maniera abbondante in questo brano: lui entra a porte chiuse, cioè dove c’è la paura e la chiusura, di sera … porta la luce, la pace e dunque toglie ogni paura. Lui è il centro di tutto e sta in mezzo a loro, tutti gli occhi lo fissano, quello che sperimentano i discepoli è meraviglia e gioia, quei segni ignominiosi della passione ora diventano segni di salvezza, perché indicano la vittoria sulla morte e sul peccato. Sono i segni i mezzi attraverso i quali riconoscono il Signore che ora ha un aspetto trasformato. Il Signore ha tanta misericordia che dà il tempo ai discepoli di riconoscerlo e poi dà loro il mandato che lui stesso ha ricevuto dal Padre suo: annunciare e perdonare i peccati. Il perdono dei peccati ora possono darlo perché lui si è offerto nell’ultima cena per il perdono dei peccati, ora abbiamo quest’avvocato grande e misericordioso presso il Padre che intercede per la nostra salvezza.

Il mandato è ricevuto dai discepoli, e loro lo mettono subito in pratica: annunciano a Tommaso la venuta del Signore, ma lui non accetta la mediazione! Tommaso pretende costatare di persona che il Signore è vivo, non gli basta la testimonianza dei fratelli. Ovviamente questo personaggio rappresenta coloro che non hanno visto di persona il Signore risorto e comunque sono invitati a credere attraverso la testimonianza e l’annuncio di altri, e nel credere anche loro diventeranno testimoni ed annunciatori per chi verrà, la catena non si romperà finché ci sia una fede accogliente. Ma qui Tommaso non si apre a questa fiducia. Il Signore dovrà avere pazienza con lui e di nuovo emerge l’amore misericordioso del Risorto che ricompare, otto giorni dopo, cioè ha dato tempo a Tommaso per credere all’annuncio. Così come nel vangelo di Luca Gesù mostra di avere un corpo e chiede da mangiare, qui invita a Tommaso a penetrare i segni della passione, e l’evangelista Giovanni descrive quest’atteggiamento con molta minuziosità, lui vuole che anche noi sentiamo la forza e “sperimentiamo” quasi di palpare i segni della grazia … Non ci dice che poi Tommaso l’abbia fatto, ma si racconta la sua professione di fede, una professione molto carica a livello teologico: “mio Signore e mio Dio”, cioè riconosce il Cristo Risorto e che è proprio Dio, ma non solo, è il Signore e il Dio suo, c’è un rapporto di appartenenza mutua che sgorga non solo di quest’esperienza, ma anche da quando Gesù era il loro Maestro e lui aveva spronato gli altri discepoli ad andare verso Gerusalemme a morire con lui o quando gli chiese la via per seguirlo. È vero che Tommaso è miscredente, come le dice Gesù, ma nel vangelo di Giovanni si lascia capire bene, che lui aveva un rapporto speciale con il Signore, il suo nome o appellativo: didimo, vuol dire gemello, più di un autore si è domandato se non lo chiamavano gemello del Signore, non solo per la somiglianza fisica, ma per il rapporto con lui.

Infine, tutto questo racconto porta proprio ad aprirsi alla fede in Gesù Cristo come Figlio di Dio perché questo porta alla vera vita. Tutto ciò che è stato scritto nel IV Vangelo, questo episodio, tutto ha un unico fine: accogliere il Figlio di Dio, perché la vita si è fatta visibile e le tenebre non l’hanno accolta, ma a coloro che credono Dio ha dato grazia su grazia: la vita eterna che il suo Figlio ha acquistato a prezzo del suo sangue.

Oratio:

La meditazione di questa Parola che il Signore mi ha donato si fa preghiera…

Ripeto in silenzio e più volte: “Signore mio e Dio mio”

Oppure:

Signore mio, che la tua pace ricada su di me e mi copra,

che il tuo amore misericordioso tocchi il mio duro cuore

e lo faccia docile alla fede in te, ad accogliere l’annuncio della tua Chiesa.

Dammi la grazia di diventare anch’io testimone della tua risurrezione.

Oppure: Si può recitare il Credo Apostolico

Contemplatio

Entro nel cuore di Dio, il mio centro solo deve essere Lui, il suo Figlio, lo Spirito Santo, solo Dio… quella Parola che mi aveva colpito la faccio mia, mi dovrebbe aiutare, come anche il silenzio, ad aprire il mio cuore a Dio. La contemplazione, non è un andare in estasi o vedere Dio con gli occhi del corpo, è sentire profondamente la sua presenza che invade il mio essere, è silenzio, è pace…

Alla fine della preghiera, ringrazio sempre il Signore per i doni che mi ha concesso e mi offro a Lui perché si compia in me la sua Volontà.

Pensiero del giorno 22 aprile 2020

aprile 22nd, 2017 Posted in Pensiero del giorno

21L’anima nello stato di prova viene elevata al di sopra di se stessa e di tutto il creato, stabilendosi, per mezzo della fede, sopra il monte delle sue miserie, ove il pronto e continuato soccorso divino e la sua grazia la costituiscono in quella piena sicurezza, che forma base e fondamento di tutta la sua vita spirituale.

(Venerabile Carmela Prestigiacomo)

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Domenica di Risurrezione – A –

aprile 16th, 2017 Posted in Lectio Divina della Domenica

Prima d’iniziare mi metto alla presenza del Signore, chiedendo il dono del suo Spirito Santo perché possa pregare la Parola guidato/a da Lui, docile come Maria, attenta e disponibile a lasciarmi trasformare come il Signore voglia
descargaLectio:
Leggo il Vangelo di questa domenica, lo rileggo e scruto ogni parola, verbo, mi soffermo nei personaggi che compaiono. In questa lettura spirituale della Parola, nella quale uso il mio intelletto, non mi affretto, lascio che il mio essere interiorizzi la Parola …
Il Vangelo che la Liturgia oggi ci offre è Gv 20,1-9, chiamato anche “del sepolcro vuoto”. Prendo questa Parola bellissima e la leggo con attenzione, ne faccio una seconda lettura. Attenzione: ci sono tre personaggi di rilievo: Maria Maddalena, Pietro e il discepolo amato.
Di tutti e tre si dice che corrono e che videro, ma … con intensità diversa! Infatti, la distanza che c’è dal giardino dove era stato sepolto il Signore fino al cenacolo, dove molto probabilmente erano i discepoli, è considerevole, quindi non è così naturale che loro corrano, … e lo fanno tutti e tre. Mi rendo conto quindi che è un messaggio dell’evangelista che vuole mostrare il movimento, l’impulso a cercare il Signore, la fretta per incontrarlo. Ma solo il discepolo amato corre più veloce … come a dire che è l’amore che spinge il movimento, e lui aveva un rapporto davvero intimo con il Signore, era amato e amava il Signore con tutto il cuore.
Si ripetono i verbi del vedere, ho detto prima che i tre discepoli vedono, ma non in forma uguale e l’evangelista sottolinea questo usando verbi diversi che noi non possiamo cogliere bene dalla traduzione. Per Maria si usa il verbo blepo che indica un vedere fisico, semplicemente: vedere, senza concentrarsi, senza interiorizzare. Per Pietro si utilizza il verbo theorein che indica un osservare, vedere con attenzione e scrutare con la mente ogni cosa. Per il discepolo amato si usa pure blepo quando arriva al sepolcro e rimane fuori, ma poi, quando entra si usa un altro verbo: orao, che vuol dire guardare, contemplare, vedere con il cuore, la mente e tutto l’essere.
Infine, ci sono i “segni” che parlano da soli! Il sepolcro è vuoto, non c’è il corpo del Signore che era stato deposto là. La pietra è ribaltata … i teli sono posati là e il sudario è piegato e si trova in un altro posto. Il sepolcro mi indica che non c’è nessun morto … la pietra che qualcosa di misterioso e grande è successo perché essa era molto pesante per spostarsi da sola o da una sola persona. I teli e il sudario poi, mi indicano che il corpo non è stato rubato, perché essi si trovano ordinati, nessun ladro lascia le cose ordinate e meno le bende che hanno avvolto un cadavere!
Meditatio:
È il momento di capire il senso del testo, nella meditazione colgo il messaggio, mi detengo a ripetere poi, ciò che mi ha colpito maggiormente… Poi l’attualizzo con la mia vita, mi lascio confrontare con la Parola
In questa domenica, come ho potuto comprendere nella lectio, la Parola è ricchissima e piena di messaggi, non c’è solo un senso o un messaggio. Proviamo a cogliere alcuni più importanti:

Questo vangelo parla di “discepoli”, sono coloro che avevano seguito il Signore da vicino durante tutto il suo ministero pubblico. Loro si mobilizzano di fronte alla possibile perdita del corpo del loro Maestro, perdere Gesù completamente è troppo per loro, hanno bisogno di aggrapparsi a qualcosa, almeno un corpo morto, ma Dio vuole farli fare un passo in più, Giovanni ce lo mostra con la corsa più veloce del discepolo amato. Quando amo, mi mobilito di più, non ho tempo da perdere, cerco, voglio vedere … guardare … contemplare.
Nei verbi del vedere c’è un vero e proprio progredire, la fede richiede questo cammino, loro non vedono allo stesso modo perché la loro persona è diversa, hanno una storia diversa con il Signore e la loro personalità si mostra con una fede ancora in gradi distinti: Maria ama, crede, ma è troppo ferma al rapporto umano, infatti più avanti il Signore le dirà di non trattenerlo. Pietro crede, ma nel momento della prova è stato debole e ora vuole rendersi conto bene cosa sta accadendo, non vuole più essere impulsivo come sempre, vuole osservare, comprendere. Il discepolo amato, guarda, e al guardare lo fa con il cuore per questo si apre alla fede. Ma cosa crede? Il testo rimane nel silenzio, il discepolo ideale, quello modello per noi, crede che il corpo non è stato rubato, vede i segni e questi gli parlano, non è ancora la fede completa, di fatto si dirà al v. 10 che i discepoli se ne andarono a casa, cioè come se non avessero capito niente. Il discepolo crede che è successo qualcosa di straordinario, ma non riesce a coglierne il senso profondo, non si è incontrato ancora con il Signore risorto, non ha ricevuto lo Spirito e dunque la sua fede deve ancora crescere.
Quale dei discepoli son io? Come mi mobilito per cercare il Signore? Come vedo i segni che si presentano nella mia vita: persone, avvenimenti, ecc? Cosa sta dicendo la Parola a me, ora?
Oratio:
La meditazione di questa Parola che il Signore mi ha donato si fa preghiera…

      Ti lodo, Signore della Vita!
      Perché davvero ti riveli ai piccoli e semplici
      e vuoi che io mi apra alla tua manifestazione.
      Donami occhi attenti, aperti, docili
      per vedere e guardare ciò che tu mi vuoi mostrare,
      per cogliere il tuo messaggio che mi trasforma e mi rinnova
    a partire dalla tua Risurrezione. Amen

Contemplatio
Entro nel cuore di Dio, il mio centro solo deve essere Lui, il suo Figlio, lo Spirito Santo, solo Dio… quella Parola che mi aveva colpito la faccio mia, mi dovrebbe aiutare, come anche il silenzio, ad aprire il mio cuore a Dio. La contemplazione, non è un andare in estasi o vedere Dio con gli occhi del corpo, è sentire profondamente la sua presenza che invade il mio essere, è silenzio, è pace…
Alla fine della preghiera, ringrazio sempre il Signore per i doni che mi ha concesso e mi offro a Lui perché si compia in me la sua Volontà.

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