Lectio Divina del Vangelo sull’Ascensione del Signore – A
Prima d’iniziare mi metto alla presenza del Signore, chiedendo il dono del suo Spirito Santo perché possa pregare la Parola guidato/a da Lui, docile come Maria, attenta e disponibile a lasciarmi trasformare come il Signore voglia …
Leggo il Vangelo di questa domenica, lo rileggo e scruto ogni parola, verbo, mi soffermo nei personaggi che compaiono. In questa lettura spirituale della Parola, nella quale uso il mio intelletto, non mi affretto, lascio che il mio essere interiorizzi la Parola…
Il vangelo che ci viene proposto in questa domenica dell’Ascensione del Signore è tratto da Mt 28,16-20, sono gli ultimi versetti della conclusione di questo Vangelo. Inizio la mia lettura attenta e mi rendo conto che è un testo narrativo, con dei discorsi di Gesù. Subito vedo un movimento: gli undici vanno in Galilea. Cosa significa Galilea nei Sinottici? Galilea è il luogo dei pagani, è la terra dove Gesù ha scelto d’iniziare il suo ministero pubblico e dove ha scelto i discepoli; ma non è il centro religioso come la Giudea, è un miscuglio di razze e credenze, dove l’intercambio di situazioni è all’ordine del giorno. Galilea è anche la così chiamata patria di Gesù perché verrà chiamato nazareno, cioè proveniente da una cittadina della Galilea. Dunque è un posto che ha un significato simbolico importante, e questo lo terrò presente poi per la meditazione.
Nella lettura attenta, non posso lasciar passare il dato che Matteo da sul monte dove s’incontrano: è quello indicato da Gesù, dunque uno da loro conosciuto, magari lo stesso dove si era trasfigurato, prima della sua passione e morte, o almeno uno che Gesù frequentava, per la sua preghiera intima col Padre. Ad ogni modo è “il” monte, dunque un posto importante per loro.
Seguendo la mia lettura, vedo i personaggi: sono soltanto 11 e Gesù risorto. Non c’è il traditore Giuda, manca uno di quelli che Gesù aveva scelto e chiamato dalla Galilea. Si usano tre verbi per descrivere i discepoli: lo videro; si prostrarono; dubitarono. Tra il primo e il secondo verbo c’è una conseguenza, apparentemente logica: al vedere il Signore si prostrano dinnanzi a lui. Ma quando si relaziona il secondo verbo con il terzo, si crea un contrasto interessante, che dà la chiave per capire meglio la situazione: si prostrano, però dubitarono. Quell’avversativa “però” sta dando tutto il significato al tipo di prostrazione che hanno fatto. Mentre si potrebbe pensare ad un atto di fede, che è scaturito dal vedere, l’evangelista Matteo ci dice che loro dubitano nonostante si prostrano. Dunque questo comportamento è stato soltanto formale, magari dettato dalla paura o perché uno l’ha fatto e gli altri lo hanno seguito… Come mai dubitano? Cosa vedono o non vedono che li fa dubitare? Tengo presente che il verbo “vedere” in greco è orao, lo stesso che utilizza l’evangelista Giovanni, per indicare un vedere interiore, un guardare piuttosto contemplando.
Gesù, invece, non tiene conto della loro poca fede, ma si limita a dare loro il messaggio per cui li ha chiamati: lui ha ricevuto (c’è un passivo, dunque non si lo abroga da solo) ogni potere in cielo e sulla terra. Dunque è Signore di tutto, e questa potestà gli è stata data, ovviamente, da chi ce l’ha, ossia Dio Padre. E questo potere lo tiene ora che è risorto, cioè che è passato per la passione e la morte, ed è risuscitato per essere il Signore Onnipotente. La sua autorità e veritiera, unica e totale. Possono i discepoli lasciare di ascoltare la sua parola, o dubitare ancora?
Il mandato che dà il Signore è consequenziale a tutto il ministero pubblico, che lui ha compiuto sulla terra: lui è venuto predicando e facendo discepoli, ora i discepoli devono andare in tutto il mondo, facendo discepoli. Ma si aggiunge qualcosa di nuovo, non sarà solo nel nome di Gesù come facevano quando egli stava con loro sulla terra, per esempio quando i 72 vanno ad evangelizzare e schiacciare i demoni. Essi battezzeranno nel nome del Padre, e del Figlio e dello Spirito Santo. È l’unica volta dove compare questa trilogia nel Vangelo di Matteo, ed è quella che usa Paolo nelle sue lettere, o Giovanni quando parla del Paraclito. A partire dalla risurrezione, lui è il Figlio per eccellenza e con lo Spirito Santo, il Padre opera nella creazione. Gesù ci ha rivelato la vera identità di Dio: è Un solo Signore, ma è in tre Persone distinte. Nel battezzare a nome della Trinità i discepoli devono anche insegnare a compiere i comandamenti. Abbiamo detto, la settimana scorsa, che i comandamenti si racchiudono in due: Amare Dio e amare il prossimo, ogni altro comandamento viene di conseguenza.
Dopo questo mandato così impegnativo che il Signore dà ai suoi, viene una sua dichiarazione che dà sollievo e conforto: Non li lascia soli, sarà con loro, e dunque con noi, tutti i giorni fino alla fine del mondo!
Meditatio:
È il momento di capire il senso del testo, nella meditazione colgo il messaggio, mi detengo a ripetere poi, ciò che mi ha colpito maggiormente… Poi l’attualizzo con la mia vita, mi lascio confrontare con la Parola
Dopo aver fatto la mia lectio, mettendo in rilievo i punti citati, mi soffermo a meditare il senso e il messaggio del Vangelo di oggi, ricordando che, dopo cogliere il messaggio globale, è bene che io mi soffermi soltanto su quel punto che più mi ha colpito nella lectio.
Dicevamo che il testo di oggi ci offre i dati dello spazio, che non mi devono lasciare indifferente: sono in Galilea e sul monte. Dicevamo pure, tutta la carica concettuale che il nome di Galilea aveva. Ma perché Gesù vuole che tornino in Galilea? Perché è il luogo dove tutto è cominciato, essi devono tornare all’origine, per trasformarlo in un nuovo inizio, l’inizio di chi è risorto con Cristo ed è una creatura nuova, quindi non stare più a piangere sul passato, ma aprirsi alla novità che Cristo vuole loro trasmettere. L’altro motivo è anche, perché Gesù ha iniziato il suo ministero pubblico là, e ora i discepoli, inizieranno il loro ministero, battezzando ed evangelizzando da lì come Gesù.
Se conosciamo i racconti di Luca nel suo Vangelo, o negli Atti degli Apostoli che abbiamo sentito nella prima lettura, ci viene però una domanda, apparentemente irrisolvibile: Luca, colloca l’ascensione del Signore, in Gerusalemme, sul monte degli Ulivi; Matteo in Galilea sul monte innominato. Chi dice il vero? Sicuramente tutte due, perché Matteo non sta parlando esplicitamente del momento dell’ascensione del Signore, lui ha elaborato il suo Vangelo e ha messo qui, questo incontro che può essere avvenuto durante il periodo che trascorre dalla risurrezione all’ascensione. Dunque 40 giorni, sono un tempo assai prolungato per dare la possibilità ai discepoli di andare in Galilea e tornare a Gerusalemme. Sul fatto del monte, poi, dobbiamo ricordare che le alture, non solo per Gesù, ma anche per gli antichi, erano il luogo dell’incontro con la divinità, e Gesù ama le alture per pregare il Padre suo. Nel racconto della trasfigurazione del Signore, nessuno dei Sinottici dice il nome del monte. La tradizione l’ho ha identificato sempre con il monte Tabor, e non sarebbe perciò un errore identificare lo stesso luogo per quest’ultimo incontro del Signore con i discepoli in Galilea. La geografia del luogo, per chi è stato sul monte Tabor, aiuta a pensare in Dio, a trasportarsi e ascoltare il silenzio e nel silenzio il Signore. Se Gesù si era trasfigurato su questo monte, ossia che aveva fatto pregustare ai discepoli, cosa sarebbe la sua vita da risorto, niente di strano che ora si manifesti da risorto sullo stesso monte. Inoltre, a me può aiutare a pensare: qual’è il posto dove trovo il Signore trasformato, risorto, qual’è il mio “tabor”, il luogo che mi dice d’intimità e pure di impegno con il Signore.
Gli undici sono quelli che hanno perseverato con il Signore, Giuda non c’è e il suo vuoto rappresenta l’infedeltà, il tradimento, la poca fede e il poco amore… Gli undici dubitano però. Loro guardano il Signore risorto, ma vorrebbero vedere il Gesù storico, vogliono ritornare ai vecchi tempi, fanno fatica a dare un passo avanti, deve Gesù farli fare questo passo, parlando con loro e facendoli capire che, ormai la realtà e la relazione con lui è cambiata. Ora, lui non solo è il loro Maestro come prima, ma è il Signore, è l’Onnipotente e come tale va adorato, obbedito e glorificato. La glorificazione avviene attraverso l’annuncio per fare discepoli, non è un annuncio per se stessi, ma perché pure altri credano in Dio: un Dio in tre Persone, che ora danno ad ogni battezzato il sigillo della loro presenza attiva ed operante con la grazia santificante.
I discepoli potranno fare questo perché il Signore rimane con loro per sempre, tutti i giorni vuol dire ad ogni momento. Lui è sempre presente, fino alla fine, perché non lascerà di stare con noi mai. La sua presenza non solo è costante, ma intensa, come indica il verbo che è al presente: io sono con voi. È un presente intensivo, che sta indicando la presenza del Signore, con tutta la sua divinità, la sua umanità glorificata, tutto se stesso che è unito al Padre e allo Spirito. Dunque Dio sta sempre con noi! Ora, cosa temere, cosa dubitare, cosa non affrontare? La garanzia della mia vittoria è la sua presenza, e la mia vittoria non è altro che questa presenza in me. Lui è in me, piccola creatura amata all’infinito da un Dio che è amore!
Oggi la Chiesa celebra la solennità dell’Ascensione del Signore, oggi è festa. Dio non ci ha lasciato soli, ma è presente in mezzo a noi, con un’altra dimensione, quella più profonda, quella che possiamo contemplare, perché anche noi siamo stati battezzati nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo.
Oratio:
La Parola meditata si fa preghiera…e canto
Tu sei la mia vita altro io non ho
Tu sei la mia strada, la mia verità.
Nella tua parola io camminerò,
finché avrò respiro, fino a quando tu vorrai.
Non avrò paura sai, se tu sei con me:
io ti prego resta con me.
Padre della vita noi crediamo in te.
Figlio salvatore noi speriamo in te.
Spirito d’amore vieni in mezzo a noi:
Tu da mille strade ci raduni in unità
e per mille strade poi dove tu vorrai
noi saremo il seme di Dio.
Contemplatio
Entro nel cuore di Dio, il mio centro solo deve essere Lui, il suo Figlio, lo Spirito Santo, solo Dio… quella Parola che mi aveva colpito la faccio mia, mi dovrebbe aiutare, come anche il silenzio, ad aprire il mio cuore a Dio. La contemplazione, non è un andare in estasi o vedere Dio con gli occhi del corpo, è sentire profondamente la sua presenza che invade il mio essere, è silenzio, è pace…
Alla fine della preghiera, ringrazio sempre il Signore per i doni che mi ha concesso e mi offro a Lui perché si compia in me la sua Volontà.
Hey very nice web site!! Guy .. Excellent .. Superb .. I will
bookmark your web site and take the feeds additionally?
I’m happy to search out a lot of helpful information right here in the post,
we’d like develop extra strategies on this regard, thank you for sharing.
. . . . .